Quando si parla di homeschool, o “scuola parentale”, si pensa spesso a qualcosa di lontano dalla quotidianità. In realtà, molte famiglie italiane stanno valutando questa strada come alternativa alla scuola tradizionale, per ragioni pratiche, educative o familiari. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2020-2021, sicuramente a seguito della pandemia, il numero di bambini e ragazzi che hanno fatto ricorso all’istruzione parentale superava le 15mila unità, triplicando le medie degli anni passati (repubblica.it).
Ma è davvero una scelta realistica? Vediamo insieme pro, contro e come orientarsi.
Perché alcune famiglie scelgono l’homeschooling
Le motivazioni possono essere molto diverse da famiglia a famiglia. C’è chi lo sceglie per rispondere ai bisogni specifici del proprio figlio, che magari fatica ad adattarsi ai tempi o ai metodi della scuola pubblica. Altri genitori preferiscono creare un ambiente più sereno, meno stressante, senza corse mattutine o compiti fino a sera.
In alcuni casi, l’homeschooling si adatta meglio a uno stile di vita flessibile, come quello di chi lavora da casa o ha orari variabili, oppure di chi segue un genitore anziano o una persona fragile. In queste situazioni, educare i figli direttamente in casa può semplificare la gestione quotidiana.
Come funziona l’homeschooling
L’homeschooling in Italia è riconosciuto legalmente. Le normative di riferimento possono essere consultate sul sito del Ministero dell’istruzione nella sezione “Istruzione parentale”.
Ci sono ovviamente alcuni passaggi obbligatori da rispettare:
- Ogni anno bisogna inviare una comunicazione formale al dirigente scolastico dell’istituto di riferimento, spiegando l’intenzione di istruire il proprio figlio a casa; a questa comunicazione va allegato un progetto educativo con materie, obiettivi e strumenti didattici
- Non è necessario essere insegnanti: basta dimostrare di avere “le competenze tecniche o economiche” per garantire al bambino un’istruzione adeguata. Di norma, la scuola richiede un colloquio o una semplice autocertificazione.
- L’esame di idoneità, obbligatorio per passare alla classe successiva, va sostenuto ogni anno presso una scuola statale, su richiesta della famiglia, entro il 30 aprile. Per gli esami finali (licenza media o maturità), è necessario iscriversi come candidati privatisti entro il 20 marzo.
- L’ufficio di riferimento per la comunicazione è la scuola pubblica territorialmente competente, cioè quella che il bambino frequenterebbe se non facesse istruzione parentale.
È importante ricordare che l’istruzione parentale non svincola l’alunno né la famiglia dall’obbligo di istruzione e dalla supervisione della scuola. Infatti, anche il bambino che riceve istruzione a casa deve essere preso in carico dalla scuola territorialmente competente, che in questo caso viene definita “scuola vigilante”. La normativa attuale garantisce che ogni alunno in istruzione parentale risulti in qualsiasi momento iscritto e preso in carico da una istituzione scolastica che, sotto la responsabilità del Dirigente Scolastico, avrà l’onere di vigilare sul rispetto dell’obbligo di istruzione (vedi tutti i riferimenti normativi in questa circolare del Ministero dell’istruzione e del merito, ufficio regionale per la Sardegna) .
In caso di dubbi, ci si può rivolgere anche all’Ufficio scolastico regionale o provinciale. Il titolo di studio ottenuto tramite esame da privatista è pienamente valido e riconosciuto dallo Stato italiano, equiparato a quello ottenuto frequentando la scuola tradizionale.
Chi sceglie l’istruzione parentale può seguire il programma ministeriale, usare materiali online, app didattiche o tutor privati. In molte città italiane esistono gruppi di homeschooling (sia off-line che su Facebook) e realtà che organizzano incontri, laboratori e attività collettive, rendendo l’esperienza più condivisa e meno isolata. Ad esempio, la Fondazione Libera Schola, con sede a Milano, ha recentemente organizzato le Olimpiadi dell’Homeschooling e un incontro/evento a Roma per diffondere la conoscenza di questa pratica, connettendo la comunità delle famiglie che lo adottano.
Il network EduPar
In questo percorso può infatti essere utile confrontarsi con chi ha già esperienza. Un punto di riferimento in Italia è il network EduPar, attivo dal 2011. Nato per accompagnare le famiglie nella scelta dell’istruzione parentale, offre strumenti pratici e supporto continuo, anche sui temi burocratici.
EduPar mette a disposizione oltre 200 video, più di 20 corsi, moduli e progetti educativi già pronti, un servizio di consulenza rapida entro 24 ore e circa 40 gruppi locali sparsi in tutta Italia. Il network è stato fondato da Erika Di Martino, mamma di cinque figli e tra le prime a promuovere l’homeschooling in Italia.
Accanto a EduPar c’è anche EDUlearn, una piattaforma pensata per fornire lezioni e tutor online personalizzati per bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni. I contenuti spaziano dalla matematica all’arte, con la possibilità di seguire percorsi su misura e ricevere supporto continuativo.
I costi da mettere in conto
Dal punto di vista economico, l’homeschooling non comporta spese scolastiche vere e proprie (intese come rette di iscrizione), ma ha comunque dei costi. Libri, materiali, strumenti digitali, tutor o corsi online sono a carico della famiglia. In media si parla di circa 100-150 euro al mese, ma molto dipende dal percorso scelto.
Se si affiancano lezioni private o attività extrascolastiche, la spesa può aumentare sensibilmente. Un tutor part-time (2-3 ore a settimana) costa in media circa 20 euro l’ora (da 160 a 240 euro al mese). Anche iscriversi a piattaforme strutturate, come EDUlearn, o seguire corsi specialistici può far salire la spesa annuale fino a 6.000 euro, soprattutto se si opta per percorsi didattici personalizzati con tutor dedicati.
Va considerato anche il costo indiretto: uno dei due genitori dovrà dedicare tempo all’organizzazione delle lezioni, alla preparazione degli esami e all’affiancamento quotidiano. Questo può significare ridurre o interrompere la propria attività lavorativa. In alternativa, ci si può affidare a un tutor per alcune materie o fasce orarie.
I vantaggi e i limiti da tenere presenti
Tra i vantaggi principali c’è la possibilità di costruire un percorso su misura per il bambino, rispettando i suoi tempi e le sue inclinazioni. L’ambiente domestico è spesso più rilassato e può favorire un apprendimento meno ansioso. In famiglie dove il genitore o il collaboratore domestico è molto presente, si crea anche una relazione educativa più continua.
D’altra parte, l’homeschooling richiede organizzazione e costanza. Non è una scelta da prendere alla leggera, perché implica un impegno quotidiano ed emotivo. Inoltre, va compensata la mancanza di una vita scolastica fatta di relazioni, regole comuni e confronto. È quindi importante far partecipare i bambini ad attività sportive, artistiche o di gruppo, per mantenere viva la socialità.
Homeschooling e lavoro domestico
Per quanto riguarda il rapporto di lavoro, il docente può essere inquadrato attraverso il contratto nazionale di lavoro domestico.
Il livello D del contratto di lavoro domestico, infatti, descrive esattamente anche la figura dell’istitutore: che svolge mansioni di istruzione e/o educazione dei componenti il nucleo familiare (Art. 10).
Ovviamente, a parte l’inquadramento, restano validi tutti i requisiti descritti sopra, cioè l’obbligo di presentare un programma didattico e dimostrare di avere le competenze per portarlo a termine.
Un’opportunità da valutare con realismo
L’homeschooling non è per tutti, ma può rivelarsi una soluzione valida se il bambino ha bisogni specifici, se la famiglia ha uno stile di vita flessibile o se si desidera un’educazione più personalizzata.
Per capire se può funzionare, è utile porsi alcune domande:
- Può essere una scelta sostenibile nel tempo?
- Abbiamo le risorse – economiche, organizzative ed emotive – per portarla avanti?
- Possiamo garantire al bambino un ambiente ricco di stimoli e relazioni?
Se le risposte sono positive, allora può valere la pena considerare questa strada. Con i piedi per terra, sapendo che l’educazione parentale non è un rifugio, ma un progetto da costruire giorno dopo giorno.



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